Storia del ritratto. Dai volti del Fayum a Goya
Marco Goldin racconta l'affascinante storia del ritratto nell'arte occidentale in due webinart. Questo primo va dall’antichità fino al Settecento, mentre nel secondo l'analisi si conclude con i grandi artisti dell'Ottocento e del Novecento.
L'inizio, quanto mai suggestivo, è con i misteriosi ritratti del Fayum, dipinti al tempo dell’Egitto romano nei primi secoli dopo Cristo. Questi preziosi dipinti su tavola definiscono già in maniera piena una delle funzioni fondamentali dell'arte del ritratto, quella cioè di mantenere viva l'immagine, intatto il ricordo, di coloro che, partiti per un viaggio, più non sono e ancora si desidera che siano. Questo diventa possibile grazie all'immagine "vera" di un volto, che cessa dunque di essere maschera rituale o fisionomia stereotipata.
L'excursus prosegue nel Trecento con Simone Martini, sui cui fondi oro si profilano i primi ritratti, e Giotto, "capace", come scrisse nel 1310 Pietro d'Abano, "di produrre una somiglianza in tutti i sensi". Viene poi l'incredibile stagione quattrocentesca, nelle Fiandre con Robert de Campin, Jan van Eyck e Memling che, con straordinaria abilità, eternano la vita di donne e uomini nella già modernissima sospensione dei loro sguardi. In Italia è Pisanello a marcare un primo fondamentale sviluppo dell’immagine effigiata dei nobili delle corti italiane, ulteriormente evoluta poi nei ritratti di tre quarti di Andrea del Castagno e Domenico Ghirlandaio. Viene quindi Mantegna con la franca naturalezza dei suoi volti cui fa da controcanto la lontanante perfezione di quelli dipinti da Piero della Francesca o il vivido realismo di Antonello da Messina. A Venezia è insuperato maestro Giovanni Bellini che cesella autentici capolavori di eleganza espressiva ai quali si ispira, nei suoi soggiorni in laguna, Albrecht Dürer, sempre tuttavia fedele alla matrice incisoria della sua arte, senza cioè “trascurare la più piccola ruga o vena”. Ma è Leonardo colui che fa compiere a questo genere artistico un’autentica rivoluzione, riuscendo a dipingere, prima e ancor più del volto, l’anima di una persona, il mistero e l’enigma della sua unicità.
La lezione quindi prosegue, nel passaggio tra Quattro e Cinquecento, con Lotto e Perugino, prima della verità universale delle donne dipinte da Raffaello, artista capace, con moderna sensibilità, di sentire nei volti, finanche in quello di un papa, tutta la malinconia dell’esistenza. La stessa che si avverte nelle persone dipinte da Giorgione. Oramai dunque il ritratto, pur non abdicando alla sua funzione celebrativa, rende umana e vicina l’esistenza delle persone, siano esse gli imperatori di Tiziano o i sarti di Moroni.
Il manierismo toscano di Pontormo, Rosso Fiorentino e Bronzino traghetta la classicità rinascimentale verso una nuova modernità; enigmatiche figure si allungano, esaltate dalla sontuosa eleganza degli abiti.
L’audacia espressiva trova il suo compimento più alto in Caravaggio che, pur non dedicandosi in maniera specifica al ritratto, nei volti è stato sommo interprete dei moti dell’animo umano.
Il Seicento è una fucina incredibile di ritrattisti, da Rubens e Van Dyck che proseguono la lezione di Tiziano, per arrivare ai vertici assoluti di Rembrandt, per tutta la vita indagatore stupito della sua immagine, e Vermeer, poeta dell’anima e delle sue inaudite vibrazioni. Intanto, in terra di Spagna, il ritratto viene sconvolto dalla tellurica sensibilità di El Greco che inventa, ricreandole, le figure in posa davanti al suo cavalletto. Più riguardoso, eppure sempre complice, sarà lo sguardo di Vélazquez, dedicatosi con egual adesione a regnanti e buffoni di corte.
La lezione si conclude con il Settecento e l’incipriata malinconia dei volti di Le Brun o Watteau. Ai vaporosi ritratti di fantasia di Fragonard si contrappone la schietta verità degli autoritratti di Chardin. In Inghilterra il genere del ritratto è vivificato dalla rivalità tra Joshua Reynolds e Thomas Gainsborough, cui guarderà, in America, John Copley. In Italia perdura il gusto neoclassico e l'innovazione va cercata nelle singole scuole regionali: in ambito veneto, per esempio, Rosalba Carriera e Piazzetta, in quello lombardo Cifrondi e Pitocchetto. In Spagna infine è Goya che, guidato dagli esempi di Rembrandt e Vélazquez, scopre un nuovo senso della intimità: l’obiettivo non è ormai più la fedeltà mimetica, ma l’autenticità del sentimento della vita.
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